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Dell’arancia non si butta niente. Liquori premium alle pendici dell’Etna

L’idea dello “scarto” applicata al liquore nel nuovo Amara Bark, dove le potature dell’aranceto diventano ingrediente

Edoardo Strano, proprietario di un agrumeto di 80 ettari nella piana di Catania, nel 2014 comprende di avere tra le mani un patrimonio non solo agricolo, ma anche da impiegare in un altro campo quale quello dei liquori. E le sue arance rosse di Sicilia Igp ben si prestano come ingrediente principale del primo amaro da lui creato: Amara. Un’etichetta che oggi è tra le più rappresentative del territorio e apprezzata ovunque. Ma dell’aranceto non si butta via niente, neppure i resti della potatura delle piante, che tagliati in forma di rondelle sono diventati, insieme con le scorze del frutto, componente fondamentale del nuovo amaro della casa, Amara Bark, liquore biologico in edizione limitata. La prima edizione rilasciata pochi mesi fa è di 2.800 bottiglie tutte numerate.



La corteccia (bark in inglese) dei rami più robusti viene messa in infusione alcolica per ben sei mesi. A questo ingrediente vengono quindi aggiunte altre botaniche, tra le quali le scorze di arancia rossa. Amara Bark nasce pertanto da uno scarto non solo materiale, ma anche mentale. Invece che affinare in botte il liquore, si compie quasi un processo contrario, sottoponendo il legno potato in estate a un lungo processo in una vasca d’acciaio inox. Il risultato è quindi un prodotto raro, anzi unico nel suo genere. Stupefacente per aromi e sapori, ma che insieme – come il fratello maggiore della maison dall’etichetta rossa – è profondamente radicato nel territorio etneo. Lo “scarto”, inteso come un cambio di passo, nella teoria letteraria è parte fondamentale della “funzione poetica”. Nel nostro contesto, quello dei liquori, in fondo Edoardo Strano e il suo team hanno compiuto un simile processo per creare il loro nuovo amaro.



Nel bicchiere emerge subito, sebbene in equilibrio con tutto il resto, la nota verde del legno. E il gioco si fa duro con l’immancabile agrume sia al naso sia al palato. E con la liquirizia e con la scelta sapiente di aver moderato il grado zuccherino. Amara Bark è pertanto una sfida non da poco per i bartender. Sfida, tuttavia accolta con entusiasmo da molti di loro e, persino da pasticceri e cuochi. Roberto Toro, chef del Belmond Hotel Timeo di Taormina (avevamo parlato dell’hotel in questo articolo) e il suo primo pasticcere hanno per esempio creato un dolce originalissimo con il nuovo amaro: una crema di rapa rossa con gelato di mandorla, succo d’arancia e il liquore.

Un gioiello dalle botti di rum

Amara Caroni è imperdibile quasi introvabile. È il gioiello dell’azienda di Contrada San Martino Piana. Un Amaro che connette il vulcano siciliano a Trinidad nei Caraibi. Il liquore, infatti, affina per un anno in sei botti di rovere americano di oltre 40 anni già impiegate nella distilleria Caroni per il proprio rum. Be’, sopra scrivevamo di “scarto”, “funzione poetica”, “cambio di passo”. Eufemismi, se versiamo nel bicchiere Amara Caroni, che rappresenta un capitolo originalissimo nella liquoristica italiana. Dapprima prodotto in sole 386 bottiglie, dal 2021 è distribuito da Velier in 1638 esemplari.

In pochi anni dalla creazione di Amara l’azienda continua a insistere lungo un sentiero in salita, necessario per raggiungere obiettivi tutt’altro che trascurabili, in relazione stretta con la cultura agronomica della regione, la gastronomia e la miscelazione siciliane.



 

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