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Tra spesa e pausa cocktail: il bar al Mercato Orientale di Genova

Intervista a Daniele Cappadona, capo barman del Bar della Corte al MOG, dove frutta e verdura vengono dai banchi e gli spirits parlano di territorio

Ciuffi di erbe aromatiche, frutti e verdure di ogni forma e colore, accolgono in un via vai di suoni, odori e voci, tra botteghe stracolme. Sotto la luce delle lampade, i commercianti si protendono a passare un mazzo di basilico, un cartoccio di mele, a porgere un resto. Una volta varcato l’ingresso, il Mercato Orientale di Genovail più antico del capoluogo ligure, oggi MOG per i contemporanei – ti travolge. Sotto il loggiato che ospita il mercato, banchi di ortolani e fiorai, pasta fresca e formaggi di ogni tipo, gastronomie – con le immancabili ciotole di pesto appena fatto – e chi più ne ha più ne metta. Verrebbe voglia di soffermarsi ovunque, rischiando a ogni angolo distratte collisioni con passanti e clienti, prima di arrivare, con pesanti borse della spesa, fino al chiostro centrale dell’edificio, che oggi è tutto dedicato al palato.



Un incrocio di culture e un bar “tuttofare”

L’antica corte, così come il mercato, occupa gli spazi dove un tempo sorgeva il convento dell’Ordine Eremitano di S. Agostino, attiguo alla Chiesa della Consolazione, nella centralissima via XX Settembre. L’area oggi è coperta ed è stata interamente ristrutturata; consta di circa 2mila metri quadrati, illuminati da ampie ed eleganti vetrate, su cui si affacciano cucine di ogni tipo, una vineria, una balconata superiore con sale eventi, aule didattiche e un’osteria. Poi, al centro di tutto, aperto su quattro lati e circondato da tavoli e tavolini, Bar della Corte.

Tutto è tenuto assieme dalla contaminazione culturale e gastronomica, come ben si conviene a una città che dal mare ha visto partire e arrivare cultura, conoscenze e anche ingredienti. Così nella Corte si va dalle specialità locali al pesce di ispirazione giapponese, dalla pizza alla carne toscana e ancora hamburger, cucina kenyota e peruviana, per passare da chapati a ceviche in pochi metri. In questo contesto, il bar diventa un fulcro multifunzione, che serve dai più grandi ai più piccoli, proponendo ogni sorta di abbinamento. Il vino viene curato dalla vineria e il lato caffetteria da un corner dedicato – “Ops… Coffee by mistakes”, gestito da Andrea Cremone un grande esperto -, mentre lo staff del bar si concentra su birra e drink.

Nell’intervista per Spirito Autoctono, Daniele Cappadona, capo barman del MOG, racconta l’esperienza di un bancone che mette i prodotti del mercato e del territorio al centro di un’esperienza multiculturale e multisensoriale.



Quindi un unico bancone per servire una clientela vasta. Come funzione il Bar della Corte?
«È un bar molto dinamico e anche piuttosto atipico. Il bancone è quadrato e diviso in quattro parti. Quella centrale è improntata su frutta, verdura, centrifughe, yogurt e insalate, tanto che è stata chiamata ‘la frutteria’. C’è il lato delle birre, con ben 12 linee e poi ci spostiamo nella parte cocktail, dove la nostra station bar è tutta dedicata agli spirits».

Cappadona, avete aperto proprio prima del covid, nel 2019, quindi la vera ri-partenza è stata quest’anno con la distensione delle misure di sicurezza. Come avete iniziato?
«Siamo partiti con una linea abbastanza semplice, però tutta incentrata sui prodotti del territorio, dai gin alle vodke e i liquori liguri. Essendo un locale molto capiente, da 450-500 posti, ci è voluto un po’ di tempo a trovare la quadra e a iniziare a lavorare sui drink. Non è come un cocktail bar più piccolo, in cui riesci a proporre pochi drink sartoriali. Il covid ci ha frenati perché il nostro è uno spazio al chiuso, ma adesso stiamo ripartendo e abbiamo ampliato la nostra lista drink list con tutti i prodotti freschi. Lavoriamo solo col mercato, puntando su analcolici e alcolici alla frutta, oltre a lavorare sulle decorazioni».

Con che tipo clientela avete a che fare?
«Come fasce d’età c’è di tutto, dallo studente che si ferma a prendere un caffè al lavoratore che mangia e fa la spesa, al ritrovo di amici, alle coppie. L’orario di apertura è ampio, dalle 10 alle 23 o alle 24».

Siete voi a proporre i prodotti del territorio o sono i clienti a chiederli?
«Teniamo molto a sponsorizzare i prodotti del territorio. Il compito spetta soprattutto ai nostri camerieri, che sono i veri frontman qui al MOG. C’è tanta curiosità tra le persone, anche perché i prodotti locali sono qualcosa di diverso, non si tratta dei brand internazionali e più diffusi che, per carità, sono degli evergreen, ma di qualcosa che caratterizza l’esperienza. Gli stranieri soprattutto sono molto interessati e, in generale, chi non è mai stato a Genova è incuriosito da prodotti del territorio e dalle etichette più particolari. Noi consigliamo i clienti e loro ci ascoltano molto, poi di solito sono tutti contenti della scelta».



Se ti chiedessi un gin&tonic del territorio, cosa mi consiglieresti?
«C’è il gin Genuensis, di Genova, oppure il Prebugin, e questi solo per partire col territorio strettamente genovese. Poi si passa al Gin Gino, che è di Savona e per quanto riguarda i liquori, invece, consiglierei di scoprire tutta la parte della ‘spritzeria’. Uno spritz al basilico magari, fatto con liquore al basilico di Abruzzone, prosecco, soda e un ciuffo di basilico come decorazione, o magari uno spritz allo zenzero, con un altro liquore del territorio».

Mettete in campo anche iniziative o eventi dedicati?
«Assolutamente sì. Abbiamo la Sala Superba, dove teniamo attività come degustazioni di gin, whisky, vodka, rum e anche pisco, dato abbiamo un ottimo food corner peruviano. Poi degustazioni di vini, ovviamente, e birra. Ci sono, in alcuni casi, eventi importanti che coinvolgono tutta la struttura e durante i quali lavoriamo molto, ma non è quello che cerchiamo per i cocktail lavorati con una certa cura. Non siamo solo un cocktail bar però vogliamo dare un bel servizio su questo fronte».

E i mocktail, che ruolo hanno in un contesto come questo?
«Stiamo lavorando molto sui mocktail per avvicinare le persone che non bevono alcol. In questo modo iniziano a conoscere i sentori di un Negroni, di un semplice spritz o di un gin tonic, ma analcolico. Da noi, inoltre, è importante tutta la parte che riguarda la frutta e la verdura, per cui collaboriamo con i banchi; questo fa davvero la differenza».



Quale è l’età media di chi lavora al bar del Mog?
«Al bar siamo tra i 25 e i 35, come media, ma in sala forse siamo leggermente più giovani. Qualche vecchietto c’è – ride– ma siamo in fascia piuttosto giovane».

Che formazione ha affrontato come bartender?
«Ho iniziato con questa passione quasi per caso. Sono rimasto affascinato dal mondo dei cocktail e ho iniziato con un corso da un grande barman qua a Genova, che si chiama Vito Gruella, in arte Vito Fragolino. Da cosa nasce cosa, siamo diventati amici e ho iniziato a lavorare con lui. Mio papà ha sempre avuto un bar e ho lavorato anche con lui, facendo esperienza nel suo Bar Liberty. Col tempo abbiamo venduto il bar e ho iniziato a lavorare in vari locali di Genova, soprattutto notturni, come l’Estoril – beach club sulla spiaggia genovese o il Nabù al porto antico, che oggi ha cambiato nome. Sono arrivato qua che avevo 28-29 anni. Mio padre oggi è in pensione, ma non vuole fermarsi e dà una mano quì anche lui».

Radici toscane tra Mugello e Chianti, adottata in Veneto tra ombre e bacari. Ha il naso sul vino da quando lo ha tolto dai libri (forse le cose si sono anche un po’ intrecciate…) e un passato tra voli intercontinentali, valigiate di bottiglie, Paesi asiatici e degustazioni. Diplomata Ais, approda alla comunicazione come ufficio stampa e poi nella redazione di VinoNews24.it. Viaggia, assaggia, scrive, ascolta molto e parla quando serve (svariate lingue).

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