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Ballor, la sfida di Bonollo nella soft mixology

La Vento, ciclovia che collegherà Venezia a Torino (e viceversa), per ora è rimasta sulla carta, come sanno tutti coloro che ingenuamente si avventurano lungo le sponde del Po nell’impresa di raggiungere il Monviso partendo dalla foce del Grande Fiume (e viceversa), salvo poi trovarsi nel mezzo di un progetto che al momento prevede tanti sassi e poche piste ciclabili. A livello di spirits, invece, un link è già stato attivato tra il Veneto e il Piemonte (o viceversa?). Ci ha pensato Bonollo, azienda padovana leader nell’ambito della grappa, rilanciando uno storico brand torinese. Si tratta di Ballor. (Il nostro articolo di lancio a questo link)


Ballor Torino


Dall’acquisizione al rilancio

All’ultimo Vinitaly, il gruppo veneto della grappa ha presentato un paio di novità rilevanti. Ci sono il Vermouth di Paul e il Gin di Emilie, i primi due prodotti nati dal rilancio del brand Ballor, considerato tra i più iconici e storici nel mondo del buon bere italiano. «Tutto è iniziato dall’opportunità di acquisire Ballor, il cui momento d’oro risale ai tempi della prima guerra mondiale», ci racconta Elvio Bonollo, esponente di quarta generazione della famiglia a capo delle omonime distillerie con sede a Mestrino (Padova). A vendere, sei anni fa, fu Sibel, ultima proprietaria di una distilleria, la Freund Ballor & C.IA, fondata a Torino nel 1856 da Paul Ballor, Henry Freund ed Emilie Roussette. Il rilancio non è quindi stato immediato e non era neppure la priorità assoluta per Bonollo, il cui dna è basato sulla grappa e sul raggiungimento dell’eccellenza attraverso la label Bonollo Of, con prodotti di fascia premium e collaborazioni come la recente Bonollo Of Pineider, anch’essa al debutto nell’ultima edizione di Vinitaly con la grappa Of Amarone e il quaderno Jazz firmato Pineider.


Elvio Bonollo
Elvio Bonollo nella bottaia dedicata ai prodotti della linea Bonollo Of

Tuttavia, fin dal momento dell’acquisizione, il team messo all’opera da Elvio Bonollo si è attivato per capire la realtà del brand comprato. «E la verità – racconta – è che ci siamo innamorati di Ballor, per tante ragioni. Per la sua storia, che comprende degli elementi di attualità davvero importanti. Per l’entusiasmo che ci misero i pionieri, la cui visione era già protesa alla scena internazionale. Parliamo di un’azienda che all’inizio del Novecento già partecipava alle esposizioni universali di Londra, Dublino, Parigi e perfino Chicago. E abbiamo recuperato una ricetta che nel 1908, a New York, prevedeva l’uso del vermouth a marchio Ballor». Al primo prodotto, i tre fondatori aggiunsero poi il gin, l’amaro, il cognac (al tempo si poteva chiamare così, i francesi non avevano ancora messo in piedi un sistema di difesa della denominazione). «In Bonollo ci siamo rivisti in loro, per storia imprenditoriale e per la volontà di alzare l’asticella dei distillati, come abbiamo fatto con Of», aggiunge l’imprenditore.

Il ritorno a Vinitaly

Il rilancio di Ballor ha richiesto tempo. «Eravamo concentrati nello studio del prodotto e della storia del marchio. Volevamo riportare alla luce la gloria del passato e non potevamo sbagliare». Bonollo ripercorre il lavoro svolto negli ultimi mesi, dalla presentazione di Ballor in modalità soft alla forza vendita, fino al debutto ufficiale durante l’evento mondiale più importante per il vino e gli spirits, di scena a Verona dal 2 al 5 aprile. «Abbiamo dato a Ballor la visibilità che merita, lo abbiamo fatto degustare, lo abbiamo comunicato nel modo corretto. E siamo contenti, nonostante si sia ancora in fase di rodaggio», afferma Bonollo. La nascita di Freund Ballor & C.IA risale al 1856. È allora che, a Torino, si incrociano le strade di Paul Ballor, Henry Freund ed Emilie Roussette, tre amici che si uniscono per realizzare liquori eccellenti: dal vermouth di Torino all’amaro, dal gin al cognac fino al vino chinato. Le notizie arrivano a corte e nel 1902 Vittorio Emanuele III nomina Freund & Ballor “Sovrintendente del Re d’Italia”, un riconoscimento per pochi. Nel frattempo, per agevolare le spedizioni, Ballor & C.IA sposta il proprio stabilimento a Cambiano lungo la tratta ferroviaria che collega Torino a Genova. Una mossa strategica per movimentare più velocemente le merci e, commenta Bonollo: «Un’altra prova della loro visione protesa verso il futuro». Dalla fondazione sono passati 168 anni e oggi la famiglia Bonollo è al lavoro, un lavoro di squadra, per riportare alla luce Ballor con il lancio di nuovi prodotti mirati al canale della mixology.


Il Vermouth di Paul Ballor
Il Vermouth di Paul Ballor

Le etichette presentate a Verona sono due: il Vermouth di Paul – intenso, con note speziate prevalenti di chiodi di garofano, cannella e sentori fruttati di dattero, arancia candita, fino alle note marsalate conferite dal vino – e il Gin di Emilie, con note agrumate di pompelmo rosa, arancia dolce di Sicilia, bergamotto di Calabria e note balsamiche di menta piemontese e cardamomo, unite a quelle delle erbe aromatiche mediterranee di timo e basilico.


Gin Emilie Ballor
Il Gin di Emilie di Ballor

Obiettivo eccellenza

A queste due referenze se ne aggiungerà presto una terza. «Da oltre un paio d’anni stiamo lavorando su un nuovo prodotto da inserire in linea, ma è ancora top secret. Ci siamo divertiti parecchio e continuiamo ad assaggiare i risultati di questi esperimenti, per arrivare a un livello qualitativo che sia in grado di sorprendere anche il pubblico della mixology. Quasi ci siamo…», assicura Bonollo. La strategia della distilleria padovana è quella di non entrare in competizione con i big della mixologia. «Ballor nasce come nicchia e si rivolge a un concetto di soft mixology, che vogliamo intercettare attraverso la nostra rete distributiva, individuando quelle tipologie di locali eccellenti dove un prodotto come questo può avere riscontro interfacciandosi con un consumatore colto e con la massima espressione dei bartender, naturalmente partendo da una forte collaborazione con la forza vendita». 

 

Giornalista specializzato in economia della moda, del design e del food&beverage. Attualmente scrivo per Milano Finanza, Vogue Italia, Gambero Rosso, Gruppo Food, Corriere Vinicolo e altre testate italiane ed estere.

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