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Sugarlandia, con Don Papa nel paradiso del rum nelle Filippine

Tagay! Prima di partire per le Filippine, sarà il caso di imparare questo termine perché è uno dei più utilizzati nell’arcipelago composto da più di 7.600 isole. Cosa significa? Cin cin, prosit, cheers, salute o come altro si voglia dire altrove, ma qui si dice così. Gli abitanti delle Filippine, infatti, non sono soltanto persone accoglienti, tendenzialmente miti e curiose, ma sono anche dei gran festaioli e il buon bere, da queste parti, non manca perché c’è una produzione locale rilevante e ci sono cocktail bar di tutto rispetto. Andiamo a scoprirli insieme…


L'arrivo a Danjugan
L’arrivo a Danjugan

Welcome to Sugarlandia

In questo proliferare di isole troverete, durante il viaggio, la vostra meta dei desideri per vivere in simbiosi con la natura e immergervi in un mare dalle acque cristalline. Se però vorrete unire la pace e il relax con la scoperta della cultura del distillato, Negros è la vostra destinazione. Parliamo di un’isola molto grande, la quarta per estensione dell’arcipelago, popolata da 3,7 milioni di abitanti e a poco più di un’ora di volo da Manila. Ed è anche nota come Sugarlandia, perché da qui proviene la metà di tutta la produzione filippina di canna da zucchero.

Negros è anche l’isola di Don Papa, il rum che in poco più di dieci anni ha cambiato la storia della qualità del distillato di melassa made in Philippines. Un’avventura davvero epica, quella che ha avuto come protagonista Stephen Carrol, inglese di nascita e belga di adozione, che dopo aver fatto carriera in Rémy Cointreau ebbe l’intuizione di avviare una sua iniziativa imprenditoriale per rimediare a un clamoroso vuoto di mercato: era mai possibile che nelle Filippine, con tutta quella canna da zucchero, non ci fosse un rum di fascia top? Ok, c’è il Tanduay che è in assoluto il rum più venduto al mondo, ma parliamo di un marchio che ha distribuito 23,9 milioni di casse nel 2020 e la cui forza è il prezzo competitivo. Qui bisognava osare, fare qualcosa di unico e internazionale.

Don Papa, dalla nascita al successo internazionale

Il progetto di Carrol ha inizio in un luogo che si chiama Santa Rosalia, una piantagione di canna da zucchero fondata nell’Ottocento e di proprietà della famiglia Gaston. Oltre alla dimora della famiglia, all’interno della tenuta sono presenti una cappella in stile filippino e un laboratorio di trasformazione artigianale di prodotti della terra in oggetti di design, destinati ad alcuni grandi brand che realizzano lampade e complementi di arredo per la casa. «Don Papa è nato qui», ci racconta Joey Gaston. «Stephen era in vacanza, stava visitando Negros e mio zio Guillermo Gaston lo ospitò per pranzo. Erano seduti lì, su quel tavolo, ammirando la distesa delle piantagioni di canna da zucchero. E mio zio disse: “da 150 anni coltiviamo lo zucchero e mai nessuno è riuscito a trasformare tutto questo in un prodotto premium”. Quella frase fu la scintilla che accese il fuoco di Stephen. L’anno dopo fece ritorno qui e il resto è noto».


Il rum Don Papa
Il rum Don Papa

Carrol nel 2011 si prende un anno sabbatico, affitta un piccolo ufficio a Manila e dà il via alle operazioni per avviare la produzione, iniziata nel 2012. Il successo è piuttosto rapido e in pochi anni Don Papa si impone in Europa come rum di prestigio: sfonda in Francia, Inghilterra, Germania, e anche in Italia dove diventa leader di mercato. Lo scorso anno iniziano le trattative per la cessione al primo gruppo mondiale degli spirits per giro d’affari, Diageo; trattative che si chiudono a gennaio 2023 con la vendita della società. Carrol ha lasciato in buone mani la sua creatura e ora è pronto per nuove sfide.

Dalla melassa al rum super premium

Come nasce il rum? La canna da zucchero, una volta raccolta, viene trasportata in giornata alla Hawaiian Philippine Company, che è il più antico zuccherificio dell’isola di Negros (1818). Qui si producono lo zucchero e la melassa, che poi prende la strada della distilleria. Don Papa si affida a un colosso produttivo dell’isola: la distilleria Bago, di proprietà di Ginebra San Miguel (controllata dal gruppo San Miguel Food and Beverage, leader filippino del comparto agroalimentare), per la quale il rum è solo una piccola parte della produzione, per il 90% basata sul gin di cui – altro fatto rilevante – è il primo produttore delle Filippine e quasi certamente del mondo.


Lo zuccherificio
Lo zuccherificio

Bago si trova a Taloc, davanti al mare, posizione strategica per il trasporto via nave del prodotto che viene destinato nell’isola principale per il processo di imbottigliamento: a Negros infatti avvengono solo la distillazione in alambicchi di rame continui e l’affinamento in botti di quercia americana per un periodo non inferiore a 7 anni. Il clima caldo dell’isola fa evaporare una parte alcolica (la parte degli angeli) per circa l’8%. I master blender di Don Papa Rum non reintegrano i fusti dopo l’evaporazione, in modo che il distillato diventi sempre più concentrato e che alla fine risulti di colore ambrato scuro e con un gusto molto intenso.

Oltre alla versione 7 anni a 40° alcolici, è disponibile la versione invecchiata 10 anni a 43° alcolici, in cui risultano accentuati i sentori di frutta candita e cacao, ma con un gusto meno dolce e più sottile. In etichetta c’è lui, Papa Isio, un rivoluzionario la cui storia è fortemente legata alla canna da zucchero, perché era un capoteam di raccoglitori ma anche sciamano, consigliere spirituale del popolo. Il suo vero nome era Dionisio Magbuelas ed è passato alla storia come leader della lotta anticolonialista filippina. L’immagine è stata messa a punto dallo studio Stranger & Stranger di Londra. Il rivoluzionario è raffigurato sull’etichetta della bottiglia con quello che a prima vista sembra un monocolo; in realtà si tratta di un geco e insieme alla lucertola sono nascosti nel disegno altri animali, tra i quali anche il più piccolo primate al mondo, il tarsio spettro, originario del sud dell’arcipelago filippino delle Visayas.

Il viaggio nell’isola delle meraviglie

Il finale più emozionante in Sugarlandia, dopo tanta cultura della distillazione e della filiera dello zucchero, prevede una bella marcia verso sud, percorrendo l’isola di Negros in direzione Sipalay fino a raggiungere un vero e proprio paradiso che è al centro di un programma di tutela della biodiversità: si tratta dell’isola di Danjugan, raggiungibile da Punta Bulata dove c’è un resort che sorge direttamente sul mare. Val la pena di fermarsi, prima di preparare la traversata fino all’isola, per godersi la serata in spiaggia e la meravigliosa piscina a sfioro sulla baia (qui il godimento del mare è condizionato dalle maree).


Danjugan
Danjugan

La visita a Danjugan è prenotabile direttamente sul sito e si può anche pernottare, al prezzo di 4.500 pesos a testa, all’incirca 73 euro, tariffa che comprende anche il trasporto da e per l’isola. Benvenuti in un paradiso di 43 ettari di estensione con cinque lagune interne, la zona di riproduzione delle tartarughe marine, una clamorosa grotta piena di pipistelli (tappatevi il naso e scattate le foto), una rigogliosa vegetazione e un ambiente da vivere a diretto contatto con la natura, comprese le immersioni per ammirare i fondali, i coralli e le stelle marine.

La tutela del patrimonio naturale di Negros è tra gli obiettivi che Don Papa si è posto con il sostegno offerto a due associazioni, la Talarak Foundation e la Philippine Reef and Rainforest Conservation Foundation, che operano nella parte occidentale dell’isola di Negro; quest’ultima ha concentrato la sua attività nell’isola di Danjugan, grazie a una serie di progetti incentrati sulla conservazione della biodiversità, sul turismo naturalistico, sulla ricerca e l’educazione ambientale e sulla gestione dei rifiuti.

Gran finale nei migliori bar di Manila

Il ritorno a Manila è l’occasione per degustare, sotto forma di cocktail, il risultato di tutto quel che abbiamo scoperto nel corso del viaggio. Qui la parola tagay diventa sempre più ricorrente, partendo dal primo cocktail bar che incontriamo durante la serata. Si tratta di The Spirits Library, in attività dal 2019 e decisamente un posto wow, sia in termini di offerta sia come struttura della location, che si sviluppa su due livelli collegati da una lunga scala a chiocciola e con un privé dove è possibile degustare il proprio rum o distillato vintage accompagnato da un ottimo sigaro.


The Spirits Library a Manila
The Spirits Library a Manila

Tra i cento migliori bar asiatici (secondo la 50 Best Asian Bar) troviamo, alla posizione numero 63 nella classifica, Oto, che vi consigliamo di raggiungere dopo aver cenato nel miglior ristorante della città che abbiamo provato e che si trova esattamente sopra il cocktail bar ovvero il Lampara (fritti davvero top!). In attività dal 2017, Oto significa “suono” in giapponese e il suo elemento distintivo è dato dalla presenza di una vasta collezione di vinili.


Il barman Tony Pescatori all'Oto Bar
Il barman Tony Pescatori all’Oto Bar

Appena un gradino sopra Oto, nella classifica di 50 Best Asia, c’è un altro locale di Manila: si tratta di The Curator ed è dedicato a due delle cose più belle della vita, caffè e cocktail, il primo consumato nel bar luminoso, il secondo in un’intima stanza sul retro del locale.

Per l’aperitivo al tramonto, la vera magia la si trova al Cocunut Grove dell’Admiral Hotel Manila, che offre una vista su tutta la baia di Manila: è bene fermarsi fino al calar del sole, che qui arriva abbastanza velocemente attorno alle ore 18.00 (siamo pur sempre in prossimità dell’equatore) e poi andare a provare il nuovo speakeasy Ruby Wong, con passaggio segreto dall’interno dell’hotel (surprise!), per il quale già si preannuncia un futuro da stella della mixology.

(Fotografie di Mike Tamasco)

Giornalista specializzato in economia della moda, del design e del food&beverage. Attualmente scrivo per Milano Finanza, Vogue Italia, Gambero Rosso, Gruppo Food, Corriere Vinicolo e altre testate italiane ed estere.

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