//

Amaro italiano, è tempo di rinascita

L’infuso alcolico nostrano per eccellenza mostra un volto nuovo e contemporaneo. Una panoramica dei trend e le voci dei produttori dalla Fiera dell’Amaro d’Italia

Contemporaneo, conviviale, democratico e anche versatile. È un periodo florido per l’amaro, infusione alcolica italiana per eccellenza, che vive oggi una vera e propria fase di rinascita e riscoperta. Tra grandi classici che tornano e nuove etichette, questo simbolo liquido della tavola italiana si adatta a stili di vita, gusti e abitudini di consumo, raccontando, attraverso le botaniche, storie di persone e di territori.



Giovane e gastronomico, l’amaro italiano oggi

Da un lato c’è il riemergere delle etichette storiche che, tra nuove vesti grafiche e rilanci in mixology, tornano alla ribalta ampliando il bacino di consumatori anche verso le fasce più giovani. Dall’altro c’è la nascita di tutta una serie di nuovi prodotti, in parte ideati dai liquorifici storici e in parte frutto di nuove idee, progetti di vita e cambiamenti radicali nati a cavallo della pandemia. C’è chi ha deciso di cambiare lavoro e gettarsi in una nuova avventura, chi invece è tornato a investire nella terra di origine, ricercandone l’identità attraverso sapori e ingredienti – spesso nuovi e insoliti – valorizzati in un prodotto che scalda, che trasmette un’idea accogliente e familiare. Tutte queste realtà stanno contribuendo alla rinascita di un prodotto che in Italia ha radici antichissime, tra abbazie medievali e rimedi farmacologici.

Oggi però, dal solo posizionamento nel fine pasto, si inizia a passare ad altre modalità di consumo, dall’impiego in mixology all’utilizzo come ingrediente in gastronomia, fino all’abbinamento con diverse portate – non solo dessert – e al rilancio nell’aperitivo. Non tutti gli stili di amaro si prestano, ma questa tipologia di spirits inizia in molti casi a lasciarsi alle spalle contenuti zuccherini più consistenti, verso maggiori snellezze nella densità e toni amaricanti molto più marcati.



Fiera dell’Amaro d’Italia, le voci dei produttori

All’interno della Slowine Fair, che si è chiusa pochi giorni fa a Bologna, è andata in scena la Fiera dell’Amaro d’Italia, organizzata da Amaroteca e dall’Associazione Nazionale Amaro d’Italia, nate su iniziativa del bolognese Caffè Rubik per valorizzare questa speciale bevanda. Appena 13 le aziende presenti, su circa un’ottantina di etichette attualmente inserite nel catalogo online dell’Amaroteca. Una goccia – va detto – nel panorama degli amari italiani, ma anche un piccolo lodevole passo verso una prima forma di promozione collettiva, dedicata a un prodotto di importanza storica per il nostro paese. Oltre agli amari, in assaggio anche alcuni liquori.

Attraverso le voci delle aziende presenti in fiera, uno spaccato del modo in cui si evolve e rivive l’amaro oggi, tra approccio giovane e gastronomico.

 

Alberto Franchi – Villa Laviosa (Terlano, BZ)

 

Andrea Barzaghi – Arcadia (Col di Roanza, BL)

 

Maria Ferrara – MZero (Diamante, CS)

 

Christian Kokkinomagoulos – Andrea Da Ponte (Corbanese, TV)

 

Giuseppe Cara – Amaro Cardus (Brancaleone Marina, RC)

 

Vincenzo Fagiolo – Amaro del Tumusso (Padula, SA)

 

Carlo Gargiulo – Amaro Don Carlo (Eboli, SA)

 

Ivan Currias – Liquorificio Animas (Siniscola, NU)

 

Linda Barbieri – Formaggeria Barbieri (Bologna)

 



 

Radici toscane tra Mugello e Chianti, adottata in Veneto tra ombre e bacari. Ha il naso sul vino da quando lo ha tolto dai libri (forse le cose si sono anche un po’ intrecciate…) e un passato tra voli intercontinentali, valigiate di bottiglie, Paesi asiatici e degustazioni. Diplomata Ais, approda alla comunicazione come ufficio stampa e poi nella redazione di VinoNews24.it. Viaggia, assaggia, scrive, ascolta molto e parla quando serve (svariate lingue).

Potrebbero interessarti