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Distillatori italiani campioni di sostenibilità

Dalla produzione di energia rinnovabile alla valorizzazione degli scarti, il report di Assodistil fotografa un settore ad alto livello di ecocompatibilità (fotovoltaico a +300%)

Una produzione di energia rinnovabile pari a oltre il doppio di quella fossile impiegata, per un’attività che valorizza il sottoprodotto dell’industria agricola (e vitivinicola), trasformando in rifiuto solo lo 0,22% della materia prima che entra in distilleria.

È una filiera virtuosa, quella che emergere dal Report di sostenibilità di AssoDistil (Associazione nazionale industriali distillatori di alcoli ed acquaviti) e stilato in collaborazione con Nomisma. In evidenza i temi della sostenibilità ambientale, economica e sociale, analizzati attraverso i dati messi a disposizione da 12 dei principali distillatori italiani, tra cui Distillerie Bonollo Spa, Bottega, Gruppo Bertolino, Mazzari, Marzadro, Deta, Gruppo Francoli, Bonollo Umberto Spa, I.M.A., D’Auria Distillerie & Energia, Acquavite Spa (Castagner) e Bertagnolli. Solo queste aziende rappresentano circa l’85% della produzione nazionale, che restituisce la fotografia di un settore altamente performante in termini di sostenibilità ambientale ed economica, ma anche estremamente vario dal punto di vista della produzione. Oltre ai distillati destinati al consumo alimentare, le distillerie producono infatti una lunga serie di prodotti con impieghi nell’industria alimentare e non, tra cui il bioetanolo – uno dei biocarburanti più diffusi al mondo.

«La distillazione in Italia ha origini antichissime e oggi abbiamo avuto la possibilità di ben comprendere come si sia evoluta, raggiungendo importanti traguardi economici e sociali che hanno permesso lo sviluppo di tecnologie prese a modello da molti altri Paesi della Unione Europea – dice Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil – E questo perché si è fatto impresa con responsabilità, con una visione solidamente radicata al passato e nello stesso tempo dinamica, innovativa ed attenta ai cambiamenti».



I consumatori ne sanno ancora troppo poco

Un volto sostenibile che è ancora poco conosciuto e che ha bisogno di farsi largo tra i consumatori. Secondo i dati di Nomisma infatti, solo 3 su 10 ne sono veramente al corrente, mentre il 70% si dice interessato al fatto che la grappa sia prodotta impiegando i sottoprodotti della vinificazione e che a loro volta i residui della distillazione vengono utilizzati per realizzare energia pulita o fertilizzanti. Al momento dell’acquisto la responsabilità ambientale del brand resta importante per circa il 60% dei consumatori. Una preferenza che secondo il presidente di Assodistil non riguarda solo i consumatori e che deve essere intercettata al più presto. «In ambito europeo, i clienti a cui ci rivolgiamo chiedono di poter comunicare la sostenibilità dei nostri prodotti. Dobbiamo poter fornire loro i contenuti necessari e lo strumento del bilancio di sostenibilità ci permette di rendicontare i dati utili a questo scopo. A breve sui mercati si creerà uno spartiacque nettissimo tra prodotti sostenibili e prodotti non sostenibili. Una volta che questo avverrà sarà molto più difficile entrarvi – e aggiunge – lo stesso varrà per le linee di credito delle banche».

Quanto invece al percorso verso le etichettature con health warning intrapreso dall’Irlanda, il presidente ammonisce: «quando qualcuno pensa di trovare dell’appagamento attraverso il bere, il problema non è il prodotto. Si tratta di un problema sociale, che va affrontato in maniera diversa» e annuncia che sul tema è in corso uno studio in collaborazione con un istituto universitario.



Distillerie come “bio-raffinerie ecocompatibili”

Una delle componenti principali della performance sostenibile del settore distillatorio riguarda la produzione di energia. Secondo il report, la percentuale di energia rinnovabile autoprodotta dalle distillerie risulta più che doppia (63,5%) rispetto alla quota di energia fossile acquistata sul mercato (31,5%).
«L’autoproduzione di energia termica ed elettrica da residui di lavorazione consente di minimizzare l’acquisto di energia dal mercato e ridurre l’impatto ambientale e il costo energetico per le imprese, che altrimenti sarebbe eccessivamente oneroso a causa del notevole input energetico necessario nei processi di distillazione, in particolare negli ultimi mesi in cui il prezzo del metano ha raggiunto valori molto elevati», afferma Sandro Cobror, direttore di AssoDistil.

Per quanto riguarda la tipologia di fonti energetiche impiegate dalla filiera, la scelta si sposta sempre di più dai combustibili fossili verso l’energia green, con un trend in crescita che riguarda soprattutto il fotovoltaico, la cui produzione da parte delle distillerie è cresciuta del 300% tra il 2018 e il 2021. «Questo dato nei prossimi anni è destinato ad essere aggiornato in positivo – puntualizza il direttore – perché ci sono molte aziende che stanno continuando a installare impianti fotovoltaici e i risultati arriveranno solo nei prossimi anni».



Rilevante inoltre la produzione di bioetanolo sostenibile da destinare al settore dei trasporti, un biocarburante in grado di abbattere le emissioni del 75% rispetto alla benzina e che sembra essere un componente ideale per ridurre ulteriormente anche le emissioni delle auto ibride, oggi alimentate con sola benzina.
«Dal residuo dell’industria agricola e soprattutto vitivinicola, si ottengono dai prodotti di tipo alimentare, fino all’energia verde e i residui danno luogo ad ammendamenti e fertilizzanti – dice Sandro Cobror Una situazione che non solo è circolare, ma è anche sostenibile economicamente. In pratica si potrebbe pensare a una distilleria come a una sorta di bio-raffineria ambientalmente compatibile».
Tra le voci riguardanti l’impatto ambientale, non si riducono invece le emissioni che, dalle elaborazioni presentate nel report, restano sostanzialmente costanti tra 2018 e 2021, anche a fronte dell’aumento dell’aumento della produzione di biogas.

Migliora infine la gestione della risorsa idrica, indispensabile all’attività distillatoria. Negli ultimi anni, grazie a un approccio anti-spreco, si evidenzia una riduzione nell’utilizzo di acqua, passato dai 1.904.300 m3 del 2018 ai 1.672.900 m3 del 2021.



Sottoprodotti come materie prime e gestione degli scarti

Il settore distillatorio nazionale trasforma oltre 13 milioni di quintali di materie prime di origine agricola e tra queste ci sono soprattutto quelle provenienti dalla filiera del vino. «se si dovessero smaltire i sottoprodotti della filiera agricola, si produrrebbero oltre 1 milione di tonnellate di CO2, che invece vengono abbattute di almeno il 50% dall’attività delle distillerie», sottolinea il direttore di Assodistil. Grazie a tecniche e tecnologie in grado di valorizzare non solo le materie prime, ma anche sottoprodotti e residui della distillazione stessa, si ottengono prodotti destinati a numerosi settori, dall’alimentare a quello della mangimistica, dalla cosmetica e farmaceutica all’edilizia, dall’energia all’agricoltura.

Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, dal report emerge che solo lo 0,22% della materia prima introdotta in distilleria (circa 1.850 tonn/a rispetto a una materia prima in ingresso di circa 900 mila tonn/a) diventa un vero e proprio scarto. Nello specifico, l’85,7% sono rifiuti non pericolosi destinati al recupero e riciclo, il 13,7% rifiuti non pericolosi destinati allo smaltimento e lo 0,6% rifiuti classificati pericolosi, come oli usati e batterie esauste, conferiti in discarica e non recuperabili.

C’è chi ha iniziato a impiegare gli scarti anche per elaborare soluzioni innovative volte a ridurre l’impatto ambientale del packaging. Alcune aziende ad esempio, sperimentano l’impiego della vinaccia esausta pressata come tappo e della carta di fiori come etichetta. La stessa Assodistil ha lanciato un primo prototipo di bottiglia realizzata integralmente con materiali ecosostenibili, dal vetro riciclato alla carta ecologica dell’etichetta.



Sostenibilità sociale e tenuta dell’occupazione

Nonostante le difficoltà del biennio 2020-2021, dal punto di vista occupazionale il settore è riuscito a resistere e in questo senso ha giocato un ruolo importante la diversificazione della produzione verso alcol etilico, disinfettanti e sanificanti. Una tenuta che ha permesso di preservare il forte radicamento con il territorio e le comunità locali, a cui le distillerie sono fortemente legate, da un punto di vista economico, sociale e anche culturale. È infatti all’interno del territorio che viene reclutata la maggior parte della forza lavoro, che vengono reperite le materie prime e che si costruiscono collaborazioni importanti con consorzi, associazioni ed enti no profit. Un territorio che parla anche attraverso le numerose grappe e distillati di qualità immessi sul mercato in Italia e nel mondo.

Radici toscane tra Mugello e Chianti, adottata in Veneto tra ombre e bacari. Ha il naso sul vino da quando lo ha tolto dai libri (forse le cose si sono anche un po’ intrecciate…) e un passato tra voli intercontinentali, valigiate di bottiglie, Paesi asiatici e degustazioni. Diplomata Ais, approda alla comunicazione come ufficio stampa e poi nella redazione di VinoNews24.it. Viaggia, assaggia, scrive, ascolta molto e parla quando serve (svariate lingue).

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