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Sigaro autoctono, la scuola italiana della “fumata lenta”

Una panoramica sulla produzione made in Italy, tra la leadership di Manifatture Sigaro Toscano e l’emergere di nuovi player, come Mosi (Ambasciator Italico) e Cts (Mastro Tornabuoni)

Tra le tante eccellenze italiane, quella del sigaro è una delle meno celebrate a livello mediatico. Le ragioni di questo “silenzio” sono note ed evidenti già dalla confezione del prodotto, ma se parliamo esclusivamente di qualità, è fuor di dubbio che l’Italia rappresenti un punto di riferimento a livello mondiale e il leader in Europa per la capacità di lavorare il tabacco, partendo dalla base ovvero dalla materia prima coltivata in diverse regioni e con una forte concentrazione in quelle centrali (Bassa Toscana e Umbria), in Campania e lungo il corso dell’Adige nel Veneto.

Da questi territori dipende la quasi totalità della produzione delle foglie, poi destinate alla lavorazione. E il sigaro è il prodotto di punta, grazie alla competenza manifatturiera ormai radicata nel nostro Paese e identificabile nella storia di un’azienda, leader di mercato: Manifatture Sigaro Toscano.



Tutto nasce da un acquazzone

L’inizio è quasi leggendario. Nel 1815 a Firenze, in piena estate, arriva un violento acquazzone che sorprende gli addetti della manifattura tabacchi: fuori c’è una partita di materia prima lasciata a essiccare e alle maestranze manca la prontezza di intervento, così il tabacco si impregna d’acqua piovana. La decisione conseguente è quella più scontata: il tabacco inzuppato verrà utilizzato per produrre sigari di basso prezzo, destinati alla clientela fiorentina. Andranno a ruba, perché hanno un sapore diverso: l’acqua ha fatto fermentare il tabacco dandogli un gusto del tutto “nuovo”. Nasce così il sigaro Toscano, marchio registrato, che dal 1818 entra regolarmente in produzione.

Quel sigaro conquista l’Italia e diventa un’icona per tanti appassionati, alcuni dei quali oggi compaiono nelle confezioni dei sigari stessi a loro dedicati: l’artista Amedeo Modigliani, il compositore Giacomo Puccini, lo scrittore Mario Soldati e naturalmente il grande condottiero Giuseppe Garibaldi. Con il tempo la produzione si sposta da Firenze alla manifattura storica di Lucca, fondata nel 1853 e dove operano tuttora le sigaraie specializzate nella produzione fatta a mano, una realtà unica in Europa. Gli altri poli produttivi sono quelli di Cava dè Tirreni (Salerno), attivo dal 1912, e il centro di acquisto tabacco e di sviluppo agronomico di Foiano della Chiana (Arezzo), risalente al 1903. La suddivisione dei compiti è molto chiara: se a Lucca e a Cava si svolgono le attività manifatturiere, Foiano della Chiana è la base per la perizia effettuata sul raccolto, il supporto agronomico e la selezione del tabacco destinato alla fascia e al ripieno.



Sigaraie al lavoro nella sede di Lucca

La collaborazione tra Mst e Antico Sigaro Nostrano del Brenta

Il sigaro Toscano è stato prodotto dal monopolio di Stato fino al 2004, anno in cui – a seguito della privatizzazione – l’Ente Tabacchi Italiani cedette le attività alla multinazionale British American Tobacco. Due anni dopo, un gruppo di imprenditori italiani, attraverso la società Manifatture Sigaro Toscano SpA (Mst), acquisì il ramo d’azienda che produce e commercializza i sigari a marchio Toscano, operazione che ha riportato in mani italiane un marchio nazionale storico. Il vertice aziendale di Mst è composto da Luca di Montezemolo (presidente), Aurelio Regina (vicepresidente) e Stefano Mariotti (amministratore delegato).

Oggi Manifatture Sigaro Toscano ha una quota di mercato superiore al 90%. «Manifatture Sigaro Toscano supera i 170 milioni di sigari venduti in Italia, grazie anche ai nostri altri marchi: Pedroni e Avanti, anche se i sigari a marchio Toscano hanno la quasi totalità del mercato», racconta a Spirito Autoctono il direttore marketing di Mst, Pierfrancesco Saccotelli. Si aggiunge poi una collaborazione di cui, precisa Saccottelli: «Siamo molto fieri, perché rappresenta un’altra nicchia di altissima qualità del nostro settore». Si tratta di Antico Sigaro Nostrano del Brenta, realizzato nella Manifattura di Campese a Bassano (Vicenza) partendo da un tabacco autoctono sviluppatosi nella valle del Brenta a partire da semi di tabacco Havana, in oltre 450 anni di coltivazione. «I sigari Nostrano del Brenta sono prodotti preziosi, grazie alla loro materia prima e a una lavorazione di eccellente fattura. Sono sigari adatti ai palati di chi fuma abitualmente “caraibico”, e hanno un ottimo rapporto qualità/prezzo», dichiara il direttore marketing.



Il Moro, top di gamma

Tornando al marchio Toscano, la produzione ha grandi numeri e si declina in sigari destinati al grande pubblico e in prodotti di alta manifattura, fatti a mano, come il Toscano Originale nelle sue varie declinazione, il Toscano del Presidente, il Toscano Duecento e il top di gamma rappresentato da Il Moro. Mst acquista la gran parte del tabacco Kentucky prodotto in Italia, percentuale che arriva al 90% nel caso della foglia da fascia, la parte più pregiata che va a formare la parte esterna del sigaro. L’azienda è l’interlocutore principale di tutta la filiera di coltivazione, in quanto il sigaro Toscano si realizza solo con tabacco Kentucky curato a fuoco e acqua, fermentazione e stagionatura.

Il 75% del consumo è legato al mercato italiano, mentre i Paesi di riferimento per il 25% destinato all’estero sono Turchia, Germania, Spagna, Francia. Dal 2015, anno di acquisizione della società Avanti Cigar Company (Pennsylvania), Mst è presente anche negli Stati Uniti. «Il nostro prodotto all’estero è percepito come un simbolo dello stile di vita italiano e questo vuol dire appunto tradizione, artigianalità e cultura italiana», sottolinea Saccotelli. Tra i progetti in via di sviluppo compare l’uscita dei sigari Toscanello XXL Raffinato, che avranno hanno una pancia più larga e un nuovo blend, con l’utilizzo di aromi al caffè e alla vaniglia aggiungendo sulla punta del sigaro una nota addolcita. «Dopo la qualità, un altro motore trainante per la nostra azienda è l’innovazione. E cosi, nel preservare le procedure plurisecolari della produzione del sigaro, abbiamo sviluppato dei prodotti innovativi sia nella forma che nel blend», dichiara il direttore marketing di Mst.



L’alternativa Mosi

La principale alternativa a Toscano è di recente costituzione. Si chiama Ambasciator Italico ed è prodotta da Mosi, acronimo di Moderno Opificio del Sigaro Italiano. Il fondatore è Cesare Pietrella, lo stabilimento si trova a Orsago (Treviso) e dal 2021 l’azienda ha come socio di maggioranza la multinazionale Scandinavian Tobacco Group, che ha confermato la famiglia Pietrella al vertice delle attività. «Quando abbiamo avviato la nostra produzione, sentivamo che nel mercato del sigaro italiano, caratterizzato da un sostanziale monopolio, c’era bisogno di novità. Così abbiamo studiato un prodotto che offrisse una reale alternativa, partendo dalla tradizione dell’uso di tabacco Kentucky italiano fermentato per creare poi dei blend con quelli di origine nordamericana, arrivando così a un sigaro più ‘gentile’, che potesse incontrare il favore di una clientela contemporanea», racconta Philip Pietrella, esponente di seconda generazione. Partendo dal suo primo sigaro, Ambasciator Italico classico ammezzato, Mosi ha realizzato gradualmente una gamma completa che dall’entry level sale fino alla nicchia rappresentata dal Torpedo, fatto a mano e proposto a un prezzo di venti euro a pezzo: «Si tratta di una sorta di ibrido tra il sigaro italiano e quello caraibico, dalla forma affusolata, ed è composto da ripieno, sottofascia e fascia», precisa Pietrella.



Dal 2015, Mosi si è estesa dalla produzione alla filiera completa, investendo in una piantagione nel Basso Veronese dedicata alla coltivazione del Kentucky e alle sperimentazioni di nuove varianti; le altre zone di approvvigionamento sono le province di Benevento, Arezzo e Frosinone. Le vendite avvengono quasi esclusivamente all’interno dei confini italiani perché, racconta Pietrella: «La nostra produzione non riesce a soddisfare la domanda, nonostante i 20 milioni di pezzi realizzati lo scorso anno. Ora puntiamo a crescere con la realizzazione di un nuovo capannone e inserendo macchinari all’avanguardia, ma il vero problema è reperire la materia prima. La tabacchicoltura in Italia ha avuto un forte declino nel recente passato, perché non era remunerativa per gli agricoltori. Ora, credo grazie anche al nostro inserimento nel mercato, i prezzi sono aumentati e si sta verificando un’inversione di tendenza anche a livello produttivo».



Cts, il tabacco è local

Il colosso Mst e la “piccola” Mosi, con i rispettivi marchi, hanno in sostanza la totalità del mercato dei sigari italiani, ma proprio la storia di Mosi dimostra che c’è spazio per nuovi player in questo mondo, a patto che ci sia un’organizzazione alle spalle e un’idea di sviluppo di prodotti che escono dal seminato. Una conferma arriva proprio dalla Toscana, dove nel 2015 è iniziato il percorso di Cts-Compagnia Toscana Sigari, azienda indipendente fondata da Gabriele Zippilli, che ha intrapreso l’attività di produzione manifatturiera dopo cinque anni dedicati allo sviluppo del progetto, alla sperimentazione varietale in campo, alla ristrutturazione e all’acquisizione delle attrezzature necessarie. Il risultato di questo progetto è un brand, Mastro Tornabuoni, che nasce partendo da un concetto di filiera locale: il tabacco Kentucky è coltivato perlopiù in alta valle del Tevere, nel comune di Anghiari (Arezzo), con lavorazione prettamente manuale.



 

Giornalista specializzato in economia della moda, del design e del food&beverage. Attualmente scrivo per Milano Finanza, Vogue Italia, Gambero Rosso, Gruppo Food, Corriere Vinicolo e altre testate italiane ed estere.

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