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Il futuro del rum di Guadalupe: Papa Rouyo

Nuova linfa per la Guadalupe del rum. Per la prima volta nasce una distilleria “nera” fondata da uomini tenaci che hanno deciso di andare oltre le piantagioni di canna da zucchero a cui si sono sempre dedicati: simbolo del colonialismo, della schiavitù ma anche della rinascita

Prendete la cartina geografica e individuate Guadalupe, dovete rintracciare le Piccole Antille e lì, più a nord di Martinique, tra Antigua e Dominica, troverete una terra che vista dall’alto ha l’aspetto di una farfalla. Non esiste una Guadalupe, l’arcipelago posizionato tra l’Oceano Atlantico e il Mar delle Antille, infatti, è composto da più isole: Grande-Terre e Basse-Terre (dove in realtà sono presenti i rilievi montuosi), Marie-Galante, Les Saintes e La Désirade.



Una porzione caraibica dedita da oltre tre secoli alla coltivazione della canna da zucchero e alla produzione di rum, tanto antica quanto moderna dove il duro passato, l’incoraggiante presente e il luminoso futuro, sono incarnati dalla famiglia della distilleria Papa Rouyo. Coltivatori di canna dal secolo scorso, oggi sono diventati virtuosi distillatori di rum credendo nella propria produzione e rivendicando ciò che è loro, patrimonio terreno e altresì intellettuale, a lungo “ben spremuto” dai coloni francesi – la colonizzazione iniziò nel 1635 – Onore al merito, dunque, alla famiglia Galli che portò avanti il patrimonio immateriale del primo protagonista di questa storia da cui tutto ebbe inizio: Charles Albert Ruscade, divenuto poi noto come Papa Rouyo.



La sua nascita risale agli inizi del secolo scorso e le sue origini sono legate ad una famiglia di coltivatori che gli tramandarono il lavoro nei campi; così fece, mezzadro per la sua intera esistenza occupandosi della terra di Le Moule, nella Grande-Terre orientale. Non immaginava forse quale tesoro avrebbe lasciato ai successori del suo sangue, ma sta di fatto che nel 2018, i nipoti di Papa Rouyo insieme ad una comunità di coltivatori di Le Moule, decisero di valorizzare l’eccezionale canna da zucchero locale ricevuta in eredità. L’idea fu di coloro che se ne fecero portavoce, Judes Galli, nipote del fondatore, e suo figlio Joris: produrre qualcosa di assolutamente autentico e identitario, ma anche differente. Il rum Papa Rouyo nacque dunque dalla passione e dal talento dei maîtres-canniers, che lavorano oggi come prima, in sinergia con i produttori.



Decisero di partire ovviamente da ciò che avevano di più prezioso, le canne e il terreno da dove nascono e crescono speciali, l’estremo oriente di Grande-Terre, nella zona di Moule, caratterizzata da un’elevata friabilità dei terreni argilloso-calcarei degli “Altopiani Orientali” favorevoli alla florida vita delle canne.
Le loro piantagioni sono posizionate a soli 50 metri sul livello del mare, qui i venti orientali che provengono dall’Atlantico conferiscono energia, nonché una netta salinità facilmente rintracciabile all’assaggio dei rum. Il patrimonio delle canne è composto da diverse varietà: Canne Jaune (B5992), Canne Rouge (R579) e Canne Matos (B 80.0689), tutte antiche e coltivate secondo metodi agricoli tradizionali che permettono di concentrare lo zucchero e di conservare gli aromi durante la raccolta. «È la prima volta che accade una storia del genere nei Caraibi, coltivatori neri che da sempre si sono dedicati esclusivamente alla coltivazione della canna da zucchero, sottostando agli umori della Natura e delle distillerie acquirenti, si uniscono per realizzare il proprio prodotto», afferma l’esperto Luca Gargano che con la sua Velier – storica azienda familiare genovese che si occupa di importazione e distribuzione di distillati, liquori e vini – ci ha creduto con lungimiranza e rispetto abbracciandone il progetto. E proprio con lui siamo stati all’interno di una delle fitte piantagioni di canna Matos: «queste piante risalgono al 1980 e da sempre sono coltivate senza diserbanti, aspetto non comune, un progetto magnifico dove questi agricoltori si dedicano a canne perfette per fare rum e non zucchero», continua Gargano mentre mostra la ricchezza di questa terra.



Le canne vengono tagliate a mano, trasportate al mulino per essere macinate e nel laboratorio di distillazione comincia il processo meno impattante possibile per ottenere il pregiato nettare. A disposizione un “wash still” della capacità di 2.200 litri e uno “spirits still” da 1.100 litri (chiamati “Agathe” e “Danielle”, nomi della moglie e di una delle figlie di Papa Rouyo) con cui effettuare una distillazione con metodo discontinuo in due passaggi, preservando il prezioso cœur de chauffe. La maturazione avviene per il momento in botti di rovere vergine francese e americano e in botti ex-cognac. Ad oggi molto è ancora in fase di rodaggio, abbiamo assaggiato i due i rum bianchi denominati “Le Réjéton” (56°) uscito nel 2021 e contraddistinto da note di pepe nero, un pizzico di mineralità e una persistenza fatta di mandorla e anice stellato, l’edizione speciale Vwayaj (45°) in 3000 bottiglie il cui naso è iodato e presenta un piacevole connubio tra liquirizia e agrumi freschi, oltre a l’Elevé Sous Bois Sanblaj (parola creola che indica il blend a 48,5°) reso unico da una morbidezza fatta di vaniglia, legno, mandorle fresche, arancia candita. Tutti Pure Single Rhum Agricole d’invecchiamento tropicale dalla spiccata identità e sfrontatezza. La distilleria produce anche delle referenze per Habitation Vélier e La Maison du Whisky che nel 2017 si sono unite dando vita ad una nuova società chiamata LM&V.



Il direttore Joris Galli li definisce “rhum agricole de terroir”: «abbiamo scelto con orgoglio di utilizzare questo termine per permettere di identificare immediatamente il cuore della nostra filosofia incarnato dal terroir e dagli agricoltori che la sublimano, nel nostro caso i “maestri della canna da zucchero”. Ovviamente – spiega – rivendichiamo la nostra identità della Guadalupa ma, al di là di questo, Papa Rouyo è l’avventura di un collettivo di contadini che vuole rendere omaggio a un agricoltore e coltivatore di canna da zucchero. Cerchiamo di valorizzare l’intero processo di coltivazione a monte di quello di fermentazione, distillazione e maturazione, troppo spesso trascurato nel mondo degli spirits, e che tende a mancare di trasparenza».



Scoprire un’isola del rum dalla storia e dall’anima così forte, avendo una guida d’eccellenza come Luca Gargano, è stata un’esperienza impattante e coinvolgente, almeno quanto il credo che la famiglia Galli pone all’interno del loro progetto, un percorso in divenire che dal 2025 vedrà anche il totale trasloco della produzione in un luogo magico come L’Habitation Néron a Le Moule, antico ex zuccherificio (risalente al 1732) immerso nella natura dove verrà avviata una nuova storia che parla della rivalsa e dell’onore dei delle genti di Guadalupe.

Giornalista nato in Abruzzo e vissuto a Chieti finchè non ha ricevuto la “chiamata”: subito dopo il diploma infatti, comincia il percorso nell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo che lo ha poi portato a ciò che è oggi, un gastronomo. Specializzato nella cucina (e non solo) dell’America Latina, vive a Milano e conduce il suo programma televisivo “Mangio Tutto Tranne” su Gambero Rosso Channel.

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