Glenfiddich, il tempo e l’eleganza minimale

Degustazione – reale e immaginata – della serie “Time Re:imagined”, dove l’essenzialità e la chiave e le iperboli non hanno senso

La sfida più ostica, quando si parla o scrive di distillati ultra-premium, è evitare alcune parole tabù. Esattamente come nell’omonimo gioco da tavolo, andrebbero messi fuori legge termini come “straordinario”, “eccezionale”, “magnifico”, e via di iperboli. Semplicemente, quando nel bicchiere ci sono single malt più maturi della maggioranza degli invitati in sala, non ce n’è bisogno, perché il liquido è di per sé più iperbolico di quanto potrebbe essere ogni cartella stampa.

Questo è di certo il caso della serie di Glenfiddich “Time Re:imagined”, che il brand di Scotch single malt sta lanciando sui mercati internazionali. Tre whisky invecchiati rispettivamente 30, 40 e 50 anni che rappresentano – quasi proustianamente, per dirla con la sua Recherche – una riflessione sul senso del tempo che passa. D’altronde storia e filosofia si studiano spesso insieme, no?

Nella Segheria di via Meda a Milano, un tempo nota come Carlo e Camilla in Segheria di cracchiana memoria, tutto è all’insegna del “less is more”. Gli spazi ampi e intelligentemente spogli e l’atmosfera post-industriale aiutano a mantenere un sano understatement. La cena di presentazione si tiene qui, in un edificio che potrebbe tranquillamente sembrare l’interno di una warehouse scozzese. Su due piccoli piedistalli, semi-illuminate con sapienza, ci sono il 30 anni e il 40 anni, bottiglie da 1.800 e 6.000 euro rispettivamente. Lusso, senza dubbio, ma senza orpelli. Ancora, se ci fossero stati velluti e ori, sarebbe stato troppo.



Glenfiddich Time Re:imagined 30 anni

Anche il food è studiato allo stesso modo. La Trattoria San Martino della famiglia Colleoni, una Stella Michelin da Treviglio, sembra la trasposizione gastronomica del concetto di questa collezione, perché l’élite vera sta nella materia prima e nella qualità, non nell’ostentazione. In tutto questo, forse l’unica nota stonata sono i packaging del whisky, che rasentano il pacchiano. Ma andiamo con ordine, che lo champagne aiuta ad essere chiari e precisi.

Glenfiddich è uno dei pilastri dello Scotch: inaugurata il giorno di Natale del 1887, è tutt’ora indipendente e di proprietà della famiglia Grant. Vanta diversi record, essendo il più venduto e più premiato single malt al mondo. Si trova a Dufftown, tristanzuolo capoluogo della mitologica regione dello Speyside, dove i kiln – i forni con tetto a pagoda tipici delle distillerie – sono quasi più frequenti dei pub. Da questa posizione privilegiata, sia geografica sia di mercato, Glenfiddich è un punto di riferimento e il cervo che campeggia nel suo logo è entrato nell’immaginario di ogni appassionato.

Così, mentre sulle pareti scorrono le immagini delle installazioni dell’artista multisensoriale giapponese Ryoichi Kurokawa, per evitare l’effetto lisergico è più rassicurante ascoltare le parole di Marco Callegari, qui come rappresentante di Velier, l’azienda che importa Glenfiddich e gli altri brand del gruppo William Grant & Sons, da Balvenie a Hendrick’s, da Tullamore Dew a Monkey Shoulder. Perché nonostante le due bottiglie mettano soggezione, vale la pena ricordare che Glenfiddich è un malto pulitissimo, fruttato, a suo modo esemplare dello stile Speyside. L’ottima base su cui erigere capolavori di invecchiamento.



Glenfiddich Time Re:imagined 50 anni

E qui, fra un tacos di astice e un’insalatina di sgombro, è finalmente l’ora di parlare dei protagonisti, a partire dal grande assente, ovvero il 50 anni. Realizzato con 3 botti provenienti dall’infinito e profondissimo stock della distilleria, è stato rilasciato in soli 220 decanter (48mila sterline l’uno) ed è dedicato al “tempo simultaneo” e alle condizioni climatiche uniche della distilleria, qualsiasi cosa questo significhi. Ad ogni modo, come da titolo della serie, non lo assaggiamo ma lo immaginiamo.

Assaggiamo invece con sommo piacere il 40 anni (6 bottiglie in Italia), frutto del cosiddetto remnant vatting: le rimanenze del lotto precedente sono aggiunte a quello successivo, in una sorta di rivisitazione del metodo Solera usato per lo sherry. Questo spiega meglio che nel 50 anni la dedica, stavolta al “tempo cumulativo”. La confezione è realizzata in jesmonite con effetto pietra, magari ardita e un filo chiassosa, ma di sicuro impatto. Così come di impatto è il naso, aristocratico mix di frutta decadente, cedro, biblioteca. Il palato invece è suadente, il legno dopo quattro decenni è importante ma mai invadente, il corpo è delicato e oleoso, una patina di severo piacere accompagna il lungo finale. Un whisky epico, che ha bisogno di tempo, spazio e mente per essere goduto appieno.

A chiudere, il 30 anni centrato sul “tempo sospeso”, l’attimo in cui il malt master Brian Kinsman decide di imbottigliare. Il whisky riposa in un mix di botti di rovere americano ed europeo, ex bourbon ed ex sherry, e il risultato è una carezza sensoriale che parte dalle note calde dello sherry, passa dal tabacco e approda alle spezie, alle nocciole tostate e soprattutto a una sensazione di tarte tatin di pere che è la più alta evoluzione del caratteristico sentore di pera del distillato di base.

Perché di nuovo si torna al principio, al minimalismo come stella polare, al comandamento che dice: rispetta lo spirito tuo e non desiderare le cafonate d’altri. La distinzione prima di tutto. Così parlò Glenfiddich, profeta del single malt.



Glenfiddich Time Re:imagined 40 anni e 50 anni

Classe 1982, è cresciuto a Cremona ma a Milano è nato, si è laureato, vive e lavora come giornalista: in sostanza, è fieramente milanese fin nel midollo. Proprio come il risotto. Quando non si occupa di cose più serie ma più noiose, scrive di distillati: ha collaborato con scotchwhisky.com, fa parte della squadra di whiskyfacile.com e tiene la rubrica settimanale “Gente di Spirito” sul Giornale, di cui è vicedirettore dal 2017. Forse in gioventù ha letto troppo, e così si è convinto che solo gli alambicchi non mentano mai e che da lì esca la vera anima degli esseri umani.

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